La rivoluzione digitale che ha contraddistinto l'inizio del nuovo millennio ha cambiato drasticamente il nostro modo di pensare e interagire con gli altri. Per molti, ha semplificato questioni complesse con la sua immediatezza. Per altri, ha complicato affari semplici perché "l'internet delle cose" non può prescindere da un periodo (più o meno lungo; rimane pur sempre soggettivo) di apprendimento. E il dibattito dei giorni nostri, si consuma sull' “uso e abuso" delle tecnologie e di quanto queste siano permeate nelle nostre abitudini. C'è di più, è continuo oggetto di studio, quanto il loro abuso sfoci (specie per millenial e generazione Z) in vere dipendenze. Ma la verità che sembra, ancora oggi, non esser stata sdoganata a sufficienza, sta nel fatto che è la tecnologia che dovrebbe adattarsi ai nostri contesti di utilizzo, e non il contrario. Se usata esclusivamente come passatempo, alla lunga causa stagnazione cerebrale. Se messa al servizio della comunità, genera progresso. In questo senso, un piccolo grande passo lo sta compiendo un consorzio tra università europee (tra cui il gruppo di ricerca del Dipartimento industriale pisano - DICI) e partner privati, dopo quattro anni di ricerca e sviluppo intensi, che culminerà con la due giorni di presentazione prevista per domani 13 ottobre e venerdì 14 nel complesso delle Benedettine. Il «PRIME-VR2», è un progetto di realtà virtuale messa al servizio delle attività di riabilitazione per pazienti colpiti da malattie cardiache o degenerative, nato a ottobre 2019 e capace di raccogliere fondi vicino ai 4 milioni di euro (di cui oltre mezzo milione foraggiato dalla Università di Pisa).
In che cosa consiste? Nella stimolazione, nei percorsi riabilitativi, di pazienti alle prese con problemi legati alla salute mentale, oltre che fisica. «Uno dei problemi maggiori legati alla riabilitazione afferma Armando Viviano Razionale, docente Unipi di Disegno e Metodi dell'Ingegneria Industriale e responsabile scientifico del progetto è l'elevato grado di abbandono del percorso riabilitativo, che può essere dovuto a fattori come la ripetitività degli esercizi. Questo può portare a demotivazione e depressione». È qui che emerge lo "scopo nobile" della tecnologia.
Come? Mettendo a punto strumenti per la riabilitazione ritagliati su bisogni e caratteristi-che mediche specifiche del paziente. Il progetto, concretamente, si concentra su parti del corpo precise: l'arto superiore da riabilitare viene scansionato per acquisire geometria, movimenti e le forze. Le elaborazioni di queste informazioni permettono di creare un controller personalizzato da indossare. Tramite il visore il paziente si immerge nell'ambiente di realtà virtuale e con il controller esercita il braccio o la mano in alcuni giochi o alcune attività, pensati e tarati su di lui. La forza richiesta per ogni gioco differisce da paziente a paziente, in base agli obiettivi da raggiungere.

QN - Quotidiano Nazionale - 13 Ottobre 2022 - Francesco Ingardia

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