La sveglia suona alle 6 e 40. E ancora buio, quando per i 186 ragazzi e ragazze tra i 15 e i 18 anni della scuola militare Francesco Morosíni di Venezia inizia una nuova giornata, sotto la grande scritta che campeggia nel piazzale delle adunate e che ricorda a tutti i valori fondanti della scuola: «Patria e Onore».
Pochi minuti - meno di 15 - per alzarsi, lavarsi, vestirsi e rifare il letto, poi di corsa all'alzabandiera. E fino alle 20 sarà studio, sport, esercitazioni militari: soprattutto, saranno regole severe.
Eppure il richiamo dei licei militari affascina sempre più adolescenti: per i circa 300 posti disponibili messi annualmente a concorso nelle quattro scuole gestite dalle Forze armate (oltre al Morosini della Marina militare ci sono Nunziatella e Teulié dell'Esercito e Douhet dell'Aeronautica) si presentano ogni anno più di 3 mila quindicenni, e il trend è in crescita. Le selezioni, durissime, vengono effettuate dopo il secondo anno di liceo e prevedono test psicoattitudinali e fisici e prove di cultura: circa il 35 per cento dei posti sono occupati da ragazze, ammesse dal 2009.
Addestramento militare, obbedienza, sacrificio, ideali: a 15 anni, questi ragazzi teoricamente appartenenti alla generazione degli «sdraiati» sono distanti anni luce dai loro coetanei «là fuori».
Ma cosa spinge sempre più adolescenti di oggi, cresciuti in tempi complicati nei quali i confini ben definiti e il rispetto delle regole e della buona educazione non sono esattamente valori prioritari a cercare nelle scuole militari proprio quei limiti che non trovano nel mondo dei civili? «Storicamente, la formazione dell'uomo ha alla base la dialettica tra il desiderio e la norma» spiega il sociologo Mario Pollo, professore di Pedagogia generale e sociale all'Università Lumsa di Roma. «Chi educa, aiuta l'altro a canalizzare la propria energia, fornendogli forme e confini dentro i quali manifestarla: se gli educatori, in questa sorta di politeismo etico dove non esiste più un centro simbolico, abdicano al loro ruolo di "limite", è logico che i ragazzi cerchino altrove i confini da rispettare. Non mi stupisce quindi che sempre più adolescenti facciano domanda per accedere ai licei militari».
È sufficiente trascorrere qualche ora con i ragazzi di queste scuole, per capire che il sociologo ha colto appieno la sostanza. «Ho sempre cercato qualcosa di più della "normale" vita dei miei coetanei» ci racconta Francesco Giacovazzo, 17 anni, di Bari, secondo anno di liceo al Morosini. «Il fatto di essere libero di fare - nei limiti del lecito - qualsiasi cosa volessi mi aveva stancato. Ho quindi ritenuto che l'ambito militare, con la sua disciplina, mi avrebbe offerto una grande opportunità di crescita personale, una marcia in più».
E di marce in più, questi adolescenti sembrano averne molte: il capitano di vascello Massimo Fabbri, che dirige il Morosini, ci spiega che la missione dei licei militari è fornire ai ragazzi una preparazione d'eccellenza, consentendo sbocchi professionali di prestigio: «Solo il 35-40 per cento dei diciottenni che si diplomano nei nostri licei prosegue poi con l'Accademia. Il resto sceglie una professione: abbiamo tanti ex allievi bocconiani, moltissimi sono diventati top manager, poi ci sono stati grandi medici, professionisti che eccellono nei campi più diversi, e però mai dimenticano la formazione della scuola militare».
Difficile, in effetti, dimenticarla. Perché in questi licei si capisce subito che con le regole non si scherza. Innanzitutto quelle di decoro: niente tatuaggi, niente barba per i ragazzi, niente trucco, capelli sciolti o unghie dipinte per le ragazze, si vive in divisa, si corre sempre: e non si usa il cellulare se non negli orari decisi dal comandante. Al Morosini i cellulari sono custoditi in cassettine di sicurezza: è possibile usarli solo durante le libere uscite, tre sere e un pomeriggio a settimana. E questo è uno dei sacrifici che i ragazzi sentono di più: «All'inizio può essere difficile» spiega Antongiulio Izzo, ultimo anno di liceo e capo-corso di tutti gli allievi del collegio veneziano. «Poi ci si abitua. E quando torniamo a casa per le vacanze, vedendo ragazzi della nostra età che magari perdono tanto tempo al cellulare, ci rendiamo conto di quanto bene faccia avere un limite anche in questo».
Anche perché di tempo libero, in tutti i licei militari, dopo lo studio non è che ne resti molto: si fa moltissimo sport (nuoto, equitazione, scherma, basket, a seconda della scuola). E poi ci sono, naturalmente, le attività addestrative militari: prove di sopravvivenza in mare e montagna, imbarchi sul veliero Vespucci o sulla nave San Giusto, attività di volo, marce.
E la disciplina? Molto apprezzata: «Sapersi comportare nel giusto modo nei confronti dei superiori è un valore aggiunto» spiega Elena Sofia Bartocci, 17 anni, penultimo anno di liceo al Morosini «e sono convinta che nella vita mi servirà. Quando esco da qui e mi confronto con chi ha i miei stessi anni sento molta differenza: anche come temperamento e forza d'animo».
Spostandoci da Venezia a Milano, alla scuola Teulié guidata dal colonnello Daniele Pepe (che assieme alla Nunziatella di Napoli, la più antica del mondo, è sotto la giurisdizione dell'Esercito), la situazione non cambia: un po' più di tolleranza con il cellulare - qui si può usare per un'ora tutte le sere - ma le regole sono le stesse e la tempra è fondamentale: «I nostri ragazzi» spiega il colonnello «sono chiamati a rispondere di comportamenti ai quali gli altri giovani saranno chiamati diversi anni più avanti, sono quindi molto più responsabili e maturi. Quando entrano qui, a soli 15 anni, vivono uno stress importante: da un giorno all'altro non sono più padroni del loro spazio e del loro tempo e vivono in continua sfida con sé stessi. Ma pochissimi abbandonano (in ogni scuola solo tre o quattro ragazzi durante il primo anno, ndr) e questi sacrifici li aiuteranno molto».
Anche perché il programma scolastico di questi licei è qualitativamente altissimo: seconda lingua straniera, storia dell'arte in inglese, e le classi sono calibrate anche nel numero di allievi. Il rapporto con i docenti - tutti civili - è strettissimo. Inoltre, i ragazzi ricevono una piccola paga mensile; ma per alcune cose non c'è prezzo. «Una delle cose che ci responsabilizza di più» sorride Elena Massobrio, 18 anni e capo-corso dei giovani della Teuliè, «è il fatto che noi "anziani" all'ultimo anno siamo responsabili anche di seguire i più piccoli. L'esempio e il sostegno che ci offriamo tra noi è fondamentale per resistere anche ai momenti di sconforto, che all'inizio sono inevitabili».
Inevitabili come la motivazione e l'attenzione dei superiori e dei docenti: i primi soprattutto, vivono 24 ore su 24 a contatto con i ragazzi, anche per prevenire qualunque episodio di bullismo possa accadere. «Per noi è una priorità» spiega il colonnello Davide Rosellini, alla guida della scuola dell'Aeronautica intitolata a Giulio Douhet, a Firenze. «I genitori ci affidano i figli di 15 anni, ai quali noi garantiamo sostegno, attenzione, e ausilio anche psicologico. Ci accorgiamo di qualsiasi momento di disagio sul nascere, e siamo pronti a intervenire. Vogliamo formare grandi persone che parlino di idee, che sappiano accettare le sfide in un mondo sempre più esigente».
E se questo obiettivo passa, magari, da una marcia di sopravvivenza in montagna, i ragazzi dei licei militari sono pronti anche a questa sfida.


Panorama - Maddalena Bonaccorso - 9 ottobre 2019

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