Evitare di viaggiare in aereo subito dopo una protesi totale d’anca o di ginocchio: è un consiglio che spesso viene dato ai pazienti, ma è fondato su basi scientifiche? Sul Journal of Arthroplasty sono stati pubblicati due studi, uno nel 2007 su 462 pazienti (1) e un altro nel 2014 su altri 220 oltre a più di mille inseriti nel gruppo di controllo (2), che non avevano riscontrato alcun aumento di rischio di tromboembolismo venoso (Tev). Ma una nuova ricerca (3) presentata al congresso annuale della American Academy of Orthopaedic Surgeons (Aaos) riporta chirurghi e pazienti a una posizione di cautela, perché per la prima volta ha individuato un’effettiva correlazione tra i voli aerei dopo un’artroplastica agli arti inferiori e un maggior rischio di Tev.
È noto che gli eventi tromboembolici venosi sono tra le complicanze più gravi e frequenti in cui possono incorrere i pazienti dopo una sostituzione d’anca o di ginocchio. Anche se l’esatta incidenza di Tev non è accertata, se ne stimano circa dieci milioni di casi all’anno. Anche la mortalità che ne segue non è conosciuta con precisione, e comunque i pochi dati epidemiologici si limitano a Europa e Stati Uniti. Il rischio di tromboembolismo venoso aumenta con la durata del ricovero in ospedale e quando il paziente rimane immobilizzato per lunghi periodi: per esempio se è allettato oppure se fa viaggi di lunga durata.
Il nuovo studio è di tipo retrospettivo ed è stato condotto in Scozia, presso il Golden Jubilee National Hospital di Glasgow su dati dal 2013 al 2015; la struttura serve un’ampia area geografica che include molte isole remote ed è quindi normale che per alcuni pazienti il tragitto tra casa e ospedale sia fatto in aereo. Così i ricercatori hanno suddiviso i pazienti operati con protesi totali al ginocchio o all’anca in due gruppi, a seconda che avessero fatto il viaggio di ritorno dall’ospedale e quelli per i successivi controlli via terra oppure volando. Questi hanno costituito una coorte abbastanza nutrita e significativa dal punto di vista statistico: un totale di 243 partecipanti, che avevano fatto voli piuttosto brevi, della durata media di 74 minuti, confrontati con un gruppo di controllo più numeroso, di 5.498 pazienti. I primi hanno sviluppato eventi tromboembolici venosi con frequenza quasi tripla (1,64% contro 0,58%), nonostante tutti siano stati sottoposti a un’identica profilassi per ridurre questo rischio.
"Non comprendiamo completamente i meccanismi che hanno determinato l’aumento di rischio di Tev – ammette Fahd Mahmood, che ha coordinato la ricerca – sebbene ci siano numerose ipotesi da vagliare, il nostro studio dimostra un’associazione e non una causalità".


OrthoAcademy.it - Renato Torlaschi - 13 dicembre 2018

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